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Parliamone in ritardo, causa estiva silly season, ma parliamone. All’uscita dalla Mondadori, Gian Arturo Ferrari lascia un’analisi che è poco più di una battuta, ma che dovrebbe far riflettere. Invece tranne qualche timido pensiero, non si vedono commenti a questi scossoni nel mondo dell’editoria. In un’intervista sulla stampa datata 13 luglio, Ferrari fa un distiguo nel delineare la storia dell’editoria italiana dal suo privilegiato punto di vista. Dopo i pionieri e fondatori, vede una seconda generazione di monaci dell’editoria legati religiosamente al libro, seguiti oggi da una profetica e idealista classe di manager “puri”.
Quando ha capito che i tempi erano maturi per cambiare?
«Vede, nella storia recente dell’editoria italiana, io sento di appartenere alla seconda generazione. La prima, nel secolo scorso, è stata quella dei fondatori, che hanno costruito l’identità dei marchi: Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli, Bompiani, Boringhieri, che è stato il mio maestro. Poi siamo venuti noi monaci dell’editoria, nati e cresciuti sui libri e diventati manager quando gli editori hanno cominciato davvero a misurarsi con le regole del mercato. Dopo di noi, tocca a manager puri, formati in mestieri diversi e poi venuti a imprimere un’accelerazione a queste imprese particolari che sono le case editrici. Come i miei attuali collaboratori e futuri successori, Antonio Baravalle, che viene da Fiat e Alfa, e Riccardo Cavallero, arrivato da Merger and Acquisitions e amministratore delegato Random House Mondadori in Spagna
Il dibattito si riapre, talvolta noioso per chi anche solo indirettamente lavora con le parole: l’editoria è un’industria qualsiasi? Vendere libri è come vendere saponette? Dalle pagine di Repubblica risponde direttamente un’ornitorinco nella classificazione linneana di Ferrari. Il proprietario diretto di terza generazione: Giuseppe Laterza.
«Non credo al manager che arriva da un altro settore e mette a posto la casa editrice: o, meglio, può farlo soltanto se è capace di riconvertirsi completamente alla logica economica e finanziaria del libro, che è molto diversa da quella dei motori o delle saponette».
La risposta è notevole per la via delineata fra lo snobismo culturare e il “degrado del dibattito pubblico in Italia”.
4 commenti so far
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Grazie per il passaggio.
Commento di Mamma Imperfetta settembre 4, 2009 @ 8:20 PMGrazie a te Silvia! 🙂
Commento di langueparole settembre 5, 2009 @ 6:30 ambene, tieni gli occhi aperti.
Commento di marco settembre 5, 2009 @ 5:04 PMsaluti
M
non mancherò. news from orangelange??
Commento di langueparole settembre 7, 2009 @ 10:32 am